Elogio della crescita felice. Contro l'integralismo ecologico
Che sia in Parlamento, sui social o a cena tra amici, oggi tutti si dichiarano convintamente «ambientalisti». Ma se inquesta categoria rientrano opinioni spesso in contraddizioni tra di loro, negli ultimi tempi sembra essersi imposta un'unica narrazione, che vede nella parte della vittima, assediata dalla presenza umana, il pianeta Terra, e come unica soluzione per evitare l'estinzione quella di rallentare la corsa del progresso, e decrescere così felicemente verso un mondo più giusto e sostenibile per tutti. E' la stessa ideologia che, sull'esempio di Greta Thunberg, ha portato migliaia di giovani in piazza al grido di «la nostra casa è in fiamme!», o che ha spinto eminenti intellettuali a domandarsi se in tempi di pandemie globali e deforestazioni selvagge non fossimo diventati «noi il virus della Terra». A queste teorie spesso infondate Chicco Testa, che di temi ambientali si è occupato prima come presidente di Legambiente e poi di Enel, oppone un punto di vista consapevole e di ampio respiro, ponendo la necessità di sostenere il progresso scientifico ed economico, unico in grado di migliorare l'efficienza energetica, diminuire l'inquinamento atmosferico e garantire ricchezza e benessere per le generazioni future. Passando dai falsi miti dell'agricoltura biodinamica e della pericolosità degli Ogm a casi concreti come quelli dell'Ilva, Tap e 5G, l'autore offre un vademecum per difendersi dagli estremismi dell'ecologismo radicale e ribadire che il principale nemico dell'ambiente non è uomo, ma la povertà.
Sergio Staino e Chicco Testa. Una «strana coppia» che, a ben vedere, ha molti punti in comune. «Innanzitutto entrambi – scrive Testa – facciamo parte di quelli che “Sono stato iscritto al Pci”».
Ad accomunarli c’è poi il tono irriverente e il non essere mai riusciti a emanciparsi dalla «passionaccia» per la politica.
In un gustoso confronto a colpi di matita e parole, mettono qui alla berlina tutti i limiti della diffusa cultura dei No, per mostrare come non aiutino affatto a crescere. A furia di «No Ogm», «No Triv», «No Riforme» e via negando, siamo infatti un paese bloccato nella palude dell’immobilismo e rischiamo di consegnarci agli attaccabrighe, ai demagoghi, ai dispensatori di post-verità.
Per esorcizzare tutto questo, gli autori ci regalano un falò delle oscenità di cui ogni giorno siamo tutti vittime, spesso inconsapevoli. «Il libro nasce – scrive Sergio Staino – dal desiderio di confrontarmi con una personalità che sento al tempo stesso molto vicina e molto lontana da me. Abbiamo modi diversi di interpretare la realtà, anche formalmente – lui con l’elzeviro, io con la matita –, ma siamo uniti dall’ironia e dall’amore per il dubbio. Leggetelo quindi con divertimento, sapendo che a volte ho ragione io, altre volte lui e, probabilmente, qualche volta nessuno dei due».
La natura è un’imponente macchina che produce vita e morte. Fa nascere e fa morire. Tutto: dal piccolissimo al grandissimo. Da questa macchina abbiamo molto da imparare e molto da capire. Ma non è né giusta, né buona, né bella. Come nessuna macchina può esserlo in sé. La natura non si cura di noi esseri umani. Va avanti e basta. Quando a essa si ricorre invece per giustificare comportamenti, giudizi, si producono errori, talvolta tragedie. Si condizionano scelte della politica, stili di vita, si modificano decisioni pubbliche, credenze religiose. Soprattutto si produce un sistema pseudo-valoriale, che vorrebbe dedurre dalle leggi naturali criteri di riferimento e bussole per la nostra esistenza morale e sociale.
Nel passato ciò ha prodotto tragedie immani giustificando, in nome della natura, disuguaglianze, discriminazioni, censure e dogmatismi.
Comprendere la natura e i meccanismi che ne regolano il funzionamento significa anche avere a disposizione un patrimonio immenso di conoscenze. La storia della specie umana è contraddistinta, grazie a queste conoscenze, dagli sforzi continui per superare i limiti imposti dalla natura. Un lungo viaggio dal naturale all’artificiale, fatto grazie alla nostra intelligenza e soprattutto alle tecnologie di cui disponiamo. Per ottenere tali risultati abbiamo dovuto sconfiggere le restrizioni a cui la natura ha costretto tutte le altre specie viventi. Abbiamo combattuto «contro la natura». Ma abbiamo allo stesso tempo agito «secondo natura». Perché abbiamo imparato in modo sempre più efficiente a sopravvivere, a crescere e a moltiplicarci.
Non esiste alcun paradiso da cui siamo partiti e a cui tornare. Tanto meno un paradiso naturale.
La responsabilità delle nostre scelte sta interamente sulle nostre spalle.
Molto è cambiato dal 1987, quando l'Italia rinunciò all'energia nucleare.
È l'ora di rivedere quella scelta, se vogliamo davvero tutelare l'ambiente e guardare al futuro delle nostre politiche energetiche. Il consumo mondiale di energia continua a crescere spinto da tre miliardi di nuovi consumatori, soprattutto nell'Asia del miracolo economico. Le fonti rinnovabili sono destinate a restare minoritarie ancora per molti decenni. I combustibili fossili, e tra questi soprattutto il carbone, dominano il mercato energetico. Le nostre economie sono sempre più vulnerabili al prezzo del petrolio. Infine dobbiamo tutti fronteggiare la nuova sfida del riscaldamento del pianeta, con l'effetto serra e le sue disastrose conseguenze. Anziché battersi contro l'energia nucleare vale allora la pena cercare di risolverne i problemi per acquisirne i benefici, primo tra tutti la completa assenza di emissioni in atmosfera. Nel mondo molti esponenti del movimento ambientalista sono già convinti di questo: l'energia nucleare può dare una mano all'ambiente e liberarci dalla tirannia del carbone e del petrolio. Non v'è dubbio che tra il lasciare il proprio figlio all'interno di una centrale nucleare e regalargli un motorino, la seconda scelta comporti rischi infinitamente superiori. Eppure regaliamo motorini ai nostri figli e scendiamo in piazza contro le centrali nucleari. È giustificata, a più di vent'anni da Chernobyl, la paura dell'energia nucleare? Oppure la sfida energetica e ambientale di questo secolo dovrebbe convincerci ad utilizzarla per fronteggiare la domanda sempre crescente di energia e per ridurne l'impatto sull'ambiente? Il resto del mondo ha già fatto la propria scelta a favore dell'energia nucleare. Sarebbe del tutto ragionevole che anche l'Italia seguisse questa strada. Ma può un paese come il nostro, dove i rifiuti urbani diventano emergenza sociale e tecnologica, affrontare una sfida così complessa? In realtà il rifiuto italiano del nucleare mette a nudo i difetti di un'intera classe dirigente che coltiva illusioni, evita le alternative e continua a sognare un mondo che non esiste. Una leadership assente che continua a predicare bene e razzolare male, convincendosi di ciò che andrebbe fatto solo al prezzo di un continuo, irrimediabile ritardo.
In tutto il mondo l’energia nucleare conosce un nuovo "rinascimento". Ai tradizionali Paesi già possessori di tecnologie si sono aggiunte potenze economiche come la Cina, l’India, il Brasile. Ma soprattutto ha fatto scalpore l’appoggio dato da Barack Obama alla ripresa dell’industria nucleare, che il Presidente americano considera parte della "green economy". Anche in Italia si è riacceso il dibattito e nei prossimi mesi dovrà essere deciso il percorso attraverso il quale si arriverà alla localizzazione dei siti dei nuovi impianti nucleari.
Chicco Testa, fondatore di Legambiente e promotore del Referendum antinucleare del 1987, ridiscute le ragioni di quella scelta e motiva, in modo trasparente, perché ha cambiato idea e perché oggi ritenga necessario che anche l’Italia riprenda un programma nucleare. Lo fa sfatando i "falsi miti" delle rinnovabili, discutendo dei numeri dell’energia italiana, dei problemi ambientali e dei motivi per cui molti leader antinucleari in tutto il mondo sono divenuti sostenitori di questa forma di energia.
Ma soprattutto lo fa mettendo a nudo i paradossi del sentire comune, influenzato da una informazione emotiva e superficiale che lo porta a fraintendere la portata e la natura stessa dei rischi, e a non capire ad esempio che " fra il parcheggiare il proprio figlio all'interno di una centrale nucleare e regalargli un motorino, la sencoda cosa comporti rischi infinitamente superiori. Eppure regaliamo motorini ai nostri figli e scendiamo in piazza contro le centrali nucleari".
Tutto il settore delle energie rinnovabili è oggi in sofferenza in Italia. Il governo ha dato una drastica sforbiciata agli incentivi concessi a questa tecnologia o addirittura li ha annullati. Il settore si è fermato e molte aziende sono in crisi. Il futuro delle rinnovabili appare seriamente ipotecato. Ma è colpa del governo Monti, che ha preso questi provvedimenti? La nostra risposta è no. La colpa è invece di un sistema di sovvenzioni al solare fuori controllo che ha scatenato una vera e propria ingordigia e mandato fuori controllo i costi dell’elettricità consumata da milioni di utenti. Noi pensiamo che si sia trattato di un pessimo intervento di cosiddetta “politica industriale”, un cedimento alla pressione di diversi gruppi di interesse, che hanno utilizzato ingenti risorse in modo del tutto inefficiente e ingiusto. La sintesi brutale è che il mezzo si è mangiato il fine. Non solo questa modalità di sostegno al fotovoltaico non ha giovato al suo avanzamento tecnologico, né allo sviluppo di una sua filiera.
Nel 1996 l'ENEL è ancora un grande monopolio, interamente posseduto dallo Stato e con oltre 100 mila dipendenti. In Europa non esiste un libero mercato dell'energia. Il nuovo management appena nominato dal governo Prodi, Chicco Testa Presidente e Franco Tatò Amministratore Delegato, si trova di fronte a una sfida molto complessa: trasformare l'ENEL in una società pronta a competere sul mercato e assecondare l'approssimarsi della liberalizzazione nel settore dell'energia. un compito da realizzare nel quadro del grande sforzo richiesto al Paese per completare il risanamento dei conti pubblici e garantire l'essenziale ingresso dell'Italia nell'unione monetaria. Questo volume racconta la grande trasformazione dell'ENEL e del suo rapporto con il Paese nei sei cruciali anni tra il 1996 e la primavera del 2002, accompagnandola con una preziosa raccolta di dati e informazioni sul settore dell'energia spesso sconosciuti al grande pubblico. Testa spiega le sfide vinte, le scommesse ancora aperte e le incognite per il futuro. Senza reticenze sui sei anni di governo del centrosinistra e sui temi più scottanti del dibattito politico.